Dal mare alla montagna: Itinerario attraverso Storia, Arte e Architettura
Territorio di antichissimi insediamenti all’ombra dei Monti Peloritani, i Borghi costieri e montani conservano un immenso patrimonio d’arte e cultura che testimonia del ricco lascito delle varie dominazioni che si sono avvicendate nei secoli.
Deve il nome all’unione di Rocca, da Giovanni La Rocca che era proprietario nel XVII secolo di miniere di allume e, quindi, Roccalumera, Roccae Alumeriae (Rocca dell'Allume) quando ottenne nel 1610 il permesso di popolare il territorio. Comunque, un primo nucleo abitativo dovette esistere in epoca medievale dal momento che è presente una chiesa, San Michele, risalente al XII-XIII secolo. A Roccalumera è legata la figura di Salvatore Quasimodo che pur essendo nato a Modica, qui fu battezzato e qui trascorse tutta la sua infanzia e giovinezza. Le testimonianze religiose sono costituite dalla Chiesa Madre di Santa Maria del Rosario (sec. XVII), dalla più antica Chiesa di San Michele Arcangelo (sec. XII-XIII), dalla parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano (sec. XVII), dalla Chiesa del Santissimo Crocifisso (1740 circa) e dalla Chiesa di Santa Maria della Catena (1893). Perfettamente conservata è la circolare Torre Sollima di impianto quattrocentesco, il cui nome deriva dalla nobile famiglia messinese che ne era proprietaria nel Cinquecento. Nel 1830 furono aperte in alto due finestre monofore a sesto acuto e realizzata una merlatura guelfa di coronamento. Salvatore Quasimodo le fu molto legato e le dedicò la poesia “Vicino ad una Torre Saracena per il fratello morto”. Restaurata nel 2000, dall’anno successivo è divenuta una sezione distaccata del Parco Salvatore Quasimodo che ha sede nella vecchia stazione di Roccalumera all’interno di cinque vagoni ferroviari merci, un giardino-museo dove sono custoditi documenti, manoscritti, filmati, foto, e una ricca documentazione sul Premio Nobel per la Letteratura che il poeta ottenne nel 1959.
L'attuale Letojanni probabilmente occupa il sito della città greca di Lethaios che in epoca romana divenne Letum Ianum aggiungendo, a Leto, il nome Jano in onore del dio cui erano devoti. Intorno al 1650 sorse il nuovo abitato quando Francesco Reitano, marchese di Gallodoro, vi costruì il proprio palazzo. Letojanni, durante il XVIII secolo, comprendeva poche abitazioni di pescatori e dopo il 1812, abolito il feudalesimo, divenne Comune autonomo nel 1880. A Letojanni sono state girate nel 1991 alcune scene del film Johnny Stecchino diretto e interpretato da Roberto Benigni fra le quali quella del barbiere, all’interno del locale ancora esistente in Piazza Durante. La Chiesa Madre di San Giuseppe fu ricostruita nel 1931 dopo il sisma del 1908 e conserva una Pietà, dipinto di ignoto del ‘700 e l’Agonia di San Giuseppe, olio su tela del 1878 di Salvatore Frangiamore. Nella frontistante Piazza Francesco Durante sorge il monumento opera dello scultore palermitano Ettore Ximenes, inaugurato il 13 maggio 1923 e dedicato all’illustre medico nato a Letojanni nel 1844 e che fu il primo a operare nel mondo, con successo, i tumori cerebrali nel 1885. Fra i palazzi monumentali, spiccano Palazzo Francesco Durante del 1902; Palazzo Fleres – Tornatore del 1834; Palazzo Silipigni ricostruito negli anni ’20 e la Villa Genovesi. Notevole per la qualità e il pregio degli oggetti esposti è il Museo Durante ospitato nel Palazzo della Cultura che conserva anche strumenti chirurgici, libri, fotografie, cartelle cliniche appartenute allo scienziato. Fra i 362 pezzi, alcuni dei quali ancora in uso nelle sale operatorie, importante è la pinza “Durante” che proprio dal grande chirurgo prende il nome.
Gallodoro ha origine greca in un insediamento abitativo dove i ritrovamenti archeologici hanno fatto ipotizzare il probabile sito della città di Kallipolis, fondata dai calcidesi della vicina Naxos. L'attuale Borgo risale ad epoca medievale e signore ne fu Nicola Crisafi nel 1422 e fino al 1634, quando il suo territorio venne venduto dalla Regia Corte a Donna Francesca Porzio, moglie di Don Francesco Reitano, entrambi messinesi. Agli inizi dell’Ottocento, quando si sviluppò la frazione costiera di Letojanni, le più eminenti famiglie gallodoresi vi si trasferirono edificandovi i loro palazzi col conseguente ridimensionamento dell'importanza del centro collinare. La Chiesa Madre di Santa Maria Assunta, del XIV secolo e modificata e ampliata nell’Ottocento, conserva il dipinto Dormizione della Vergine (1607) nell’altare maggiore e il celeberrimo Gonfalone antonelliano dei primi decenni del Cinquecento. Il Museo Parrocchiale di Arte Sacra è ospitato nella Chiesa di San Sebastiano fondata nel XV secolo e riedificata nel 1680. Espone pregevoli dipinti fra i quali Cristo tra la Vergine e i Santi Giovanni Battista, Sebastiano e Rocco, attribuito ad Antonio Tuccari (1620-1660). Altre chiese sono San Nicolò (XIV – XVII secolo) e Santa Maria Maddalena di cui oggi rimane la suggestiva abside ricavata nella pietra e che secondo tradizione risalirebbe all’età bizantina, ma molto probabilmente è stata edificata agli inizi del XVIII secolo, come attesta la data 1711 scolpita nella parete di destra.
Roccafiorita, il più piccolo Comune della Sicilia, sorge a 723 metri sul livello del mare. Nel 36 a.C. Taormina si ribellò ai Romani, fu riconquistata e un gruppo dei suoi abitanti dovette stanziarsi alle pendici del monte Kalfa, in territorio di Limina e Roccafiorita. Nel 1610 il marchese di Limina, Pietro Balsamo, fondò un borgo nel suo feudo: nacque così Acqua Grutta, dal nome del feudo, che poi cambiò in Rocca Kalfa e, quindi, Roccafiorita. Nel 1798 il piccolo Borgo era popolato da 500 abitanti e con l'abolizione del feudalesimo in Sicilia, nel 1817, Roccafiorita divenne Comune autonomo del Circondario di Savoca. Soppresso nel 1929 durante il regime fascista e aggregato al vicino Comune di Mongiuffi Melia, riacquistò la sua autonomia comunale nel 1947. A 1.030 m. s.l.m. sorge il Santuario di Maria SS. dell’Aiuto sulla cima del monte Kalfa, fatto edificare negli anni ’50 per devozione da un abitante di Roccafiorita, Carmelo Occhino, che durante la Seconda guerra mondiale in un’azione bellica nel 1942, invocò la Madonna col titolo di “Madonna dell’Aiuto” e si salvò dallo scoppio delle granate. La Chiesa Madre dell’Immacolata risale al 1888 e custodisce il gruppo scultoreo della Madonna dell’Aiuto che viene portato in processione nel giorno della festa. Da visitare l’interessante Museo della Madonna dell’Aiuto.
(Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)
Sorge a 552 m. s. l. m. e il suo nome deriva dal latino limen, confine, limite, perché punto di confine tra il distretto di Messina e quello di Taormina. Le prime notizie documentate del Borgo risalgono al 1095. Verso la metà del ‘700 nacque a Limina l'illustre latinista, storico e poeta Giuseppe Evola e nel 1753 vi era fiorente l'attività estrattiva di piombo e rame. Abolito il feudalesimo in Sicilia nel 1812, il Marchesato di Limina venne soppresso e nel 1821 istituito il Comune di Limina. La Chiesa Madre di San Sebastiano Martire custodisce, fra l’altro, una statua di San Sebastiano con frecce in argento (1600), quella di San Giuseppe e il Bambino, quella marmorea dell’Annunziata di scuola gaginiana (sec. XVI) e il gruppo statuario ligneo della Madonna del Carmine con San Simone (1858). Fra i dipinti, il Martirio di San Sebastiano (sec. XVIII) e Sant'Antonio Abate (sec. XVIII), ambedue di Alessandro Vasta. La Chiesa di San Filippo d’Agira, in posizione panoramica sulla Valle D'Agrò, conserva la statua lignea policroma del Santo rappresentato con il Vangelo nella mano sinistra – simbolo degli esorcisti – e la mano destra benedicente alzata all’altezza del volto. Altra chiesa è quella della Compatrona, la Madonna delle Preci del 1397, sorta su una sinagoga ebraica del IX secolo. Conserva le statue di S. Antonio di Padova e della B.V. Maria delle Preghiere in legno di Lio Gangeri (1860) sull’altare maggiore.
(Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)
Per Giuseppe Buonfiglio, che scriveva nel sec. XVII, il nome "Itala" deriverebbe dal suo mitico fondatore "Re Italo", figlio di Enotrio. La forma toponomastica più antica documentabile è, comunque, quella di Gitala, come si legge in un diploma di donazione del Gran Conte Ruggero del 1093. In altri documenti si registra la variazione del toponimo nei secoli: Quitala, Gitalas, Gytalas, Kitala, Hitala ed infine Itala. Il Borgo è dominato dal massiccio di Monte Scuderi (m. 1252,80), celebre per la leggenda della “Trovatura”. La Chiesa Madre della Madonna del Piliero (sec. XVI) custodisce una Croce dipinta (XIV sec.), un Crocifisso ligneo (XVIII sec.) e il dipinto con la Madonna tra gli Apostoli Pietro e Paolo (sec. XVII). Nella Chiesa della Madonna della Catena risalente al XVI sec., si ammira una bella tavola del 1510 raffigurante la Madonna della Catena fra i SS. Pietro e Paolo attribuita a Bartolomeo Ferraro.
La fondazione di Fiumedinisi risale al VII secolo a.C. ad opera di coloni greci provenienti dalla Calcide col nome di “Nisa” che si rifà alla venerazione del dio greco Dioniso e al fiume cui fu dato il nome di "Chrysorhoas" (Aurea Corrente). In epoca normanna il Borgo è citato col nome di "Flumen Dionisyi" e nel 1197 la Valle del Nisi fu teatro della morte dell'imperatore Enrico VI Hohenstaufen, padre di Federico II. Divenuto feudo della famiglia Romano Colonna nel 1392, durante la rivolta antispagnola di Messina del 1674-78 Fiumedinisi fu uno dei pochi borghi rimasti fedeli alla Corona spagnola che, sedata la rivolta, vi trasferì il conio della Zecca da Messina. Colpito fortemente dalla peste del 1743, fu devastato dall’alluvione del 1855. Oltre la Chiesa Madre Maria SS. Annunziata, notevole è la Chiesa di San Pietro eretta intorno al 1580. Conserva, fra i dipinti, le tele Madonna con Santi e Regnanti (sec. XVIII) di Placido Vito; Immacolata (sec. XVIII) e Natività di scuola caravaggesca, attribuibile al compagno di Caravaggio il siracusano Mario Minniti (sec. XVII). Adiacente e staccata è la Torre di S. Pietro, in origine torre di avvistamento e difesa e poi annessa alla Chiesa alla fine del XVII secolo con funzione di campanile. Di particolare interesse sono il Palazzo della Zecca (1669) e la Fontana Colonna del secolo XVII nella piazza della Chiesa Madre.
(Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)
Borgo a 590 metri s.l.m., fu fondato intorno al VII-VIII sec. a.C. col nome di Ibla Parva, divenuto Ramtah nel 965 d.C. e Rometta nel sec. XVI (in greco, le difese, le fortezze (ta erymata). Tra il 725 e il 780 a Rometta fu ospitato il vescovo di Catania, San Leone da Ravenna detto il Taumaturgo. Nel corso della conquista araba della Sicilia Rometta fu l’ultima a cadere sostenendo un durissimo scontro dal 963 al 965. Il Borgo fu così saccheggiato e incendiato e sarà riconquistato dai bizantini nel 1038 per poi ricadere nuovamente sotto il dominio arabo. Nel 1091, dopo la conquista normanna della Sicilia, Rometta fu inclusa nel Demanio Regio e divenne, per la sua posizione eminente e strategica, "urbs munitissima", cioè una munita roccaforte naturale. Nel secolo XIII, con Federico II di Svevia, il Borgo fu uno dei baluardi del sistema di difesa del territorio. Oltre al Duomo di Santa Maria Assunta e alla Chiesa di Santa Maria dei Cerei o SS. Salvatore, di particolare interesse sono le strutture fortificate. Nella cinta muraria fortificata si apre la cosiddetta Porta Milazzo intesa anche Porta Terra o Borbonica che oggi costituisce l’unica via di accesso al Borgo. La sua costruzione originaria, con molta probabilità, risale al periodo della dominazione saracena, ristrutturata e rinforzata al tempo di Federico II di Svevia e ulteriormente fortificata col muro di cinta nel secolo XVI. Nel punto più elevato del Borgo sorgono gli avanzi del Castello Palatium inserito il 5 ottobre 1239, da Federico II, nei Castra exempta, un elenco dei castelli demaniali del Regno di Sicilia che ritenne di gestire direttamente dalla propria Curia. Nel 1337 vi soggiornò Federico III d’Aragona.
Le origini del Borgo di S. Lucia del Mela (215 m. s. l. m.) risalgono ad epoca greco-romana. I bizantini edificarono sul colle Mankarruna un Castello, poi ristrutturato dagli arabi tra l'837 e l'851. Il normanno Gran Conte Ruggero, per sciogliere un voto, fece edificare nel 1094 la Chiesa di Santa Lucia, divenuta poi Duomo dell’Assunta. Nel 1206 vi fu istituita la “Prelatura Nullius” ad opera di Federico II di Svevia e con Federico II d’Aragona, nel sec. XIV, il Borgo fu fortificato con una cinta muraria e il Castello ristrutturato. Il Palazzo Vescovile fu edificato nel 1608 e poi abbellito, all’interno, con la Cappella sul cui altare del 1757 è posta una statua marmorea della "Madonna di Trapani". Dal 1990 vi è stato istituito il museo diocesano che espone, tra l’altro, oggetti e attrezzi relativi agli usi e costumi della civiltà contadina locale; oggetti liturgici d’oro e d’argento (ostensori, reliquiari ex voto ecc.); paramenti liturgici databili dal XVI al XIX secolo; dipinti fra i quali una tavola su fondo oro raffigurante la "Madonna Cretese" di stile bizantino (sec. XV). Fra le chiese, oltre il Duomo dell’Assunta, notevoli sono quelle del Rosario (sec. XVI) e dell’Annunziata (prima metà del XV secolo). Nella Chiesa e Convento di S. Maria di Gesù sede dei Minori Osservanti, fondati nel 1521, si conservano fra gli altri un Fonte battesimale scolpito da Andrea Calamech nel 1567; i SS. Cosma e Damiano, tela di Alonso Rodriguez (1620); un Crocifisso ligneo attribuito a Frate Umile da Petralia del 1630 e un sarcofago in marmo di Carrara del barone Giovanni Battista Pancaldo.
(Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)
Fondato nel 716 a.C. dalla vicina Zancle (Messina) come sua colonia e fortificazione avanzata, per il fatto che non coniò mai moneta sembra non sia stato un Borgo autonomo anche se, dopo il 649 a.C., si staccò da Zancle fino al 550 a.C. Da visitare la Chiesa di San Giacomo (1432, con rimaneggiamenti nel Settecento); il Palazzo Municipale, massiccia e originale costruzione dell'architetto Righini (seconda metà del sec. XIX); i barocchi Palazzo Carrozza, Proto, Catanzaro sulla seicentesca via Umberto I; la Chiesa–Santuario di San Francesco di Paola; la Chiesa del Carmine (sec. XVIII); la moderna Chiesa Madre che custodisce un "S. Nicola in trono e storie della vita" e un’”Annunciazione", dipinti su tavola di Antonio Giuffrè (sec. XV); la Chiesa S. Maria Maggiore (1610-1621) e il Castello con la cinta spagnola.