“U Pagghiaru” di Bordonaro

Millenario rito agrario

“U Pagghiaru” di Bordonaro

“’U Pagghiaru” è un’antica festa legata al mondo agricolo che coniuga in sé aspetti religiosi e profani per ingraziare anche, sul piano simbolico, le forze della natura dalla quale dipendeva, in passato, la stessa esistenza, riplasmata poi in chiave cristiana.

La Storia

Quando i Padri Basiliani giunsero in Sicilia al seguito dei normanni nell’XI secolo introdussero a Messina, e, particolarmente, nel Casale di Bordonaro sede di ben tre importanti cenobi di monaci seguaci di San Basilio, l’usanza di festeggiare il 6 gennaio giorno ricorrente del Battesimo del Signore, con solenni riti compiuti sotto un grande albero. Da allora, puntualmente ogni anno, la comunità di Bordonaro si ritrova intorno al suo imponente albero, “’u Pagghiaru”, costruito con l’apporto degli stessi abitanti. Unico nel suo genere in Italia, infatti, esso presuppone una partecipazione corale sin da quando si tagliano i rami di castagno nei Colli Sarrizzo, quando vengono lavorati, assemblati con l’antica tecnica dei cestai per comporre lo scheletro e questo sistemato sul palo nella posizione definitiva e addobbato con prodotti (mandarini, arance, ciambelle senza sale) e materiali (cotone idrofilo, dischi multicolori di cartone) forniti dagli abitanti fino all’assalto conclusivo con il primo dei contendenti che, alla fine della scalata, riesce a raggiungere la cima del “Pagghiaru” impossessandosi della croce (“’a cruci”) sulla quale si trovano i premi in generi alimentari.

LO SAPEVI CHE?

Il nome del Casale, Bordonaro, deriva dal termine latino “burdonarius”, “mulattiere”, “colui che conduce bestie da soma”. La caratteristica di queste bestie, asini e muli, era quella di avere il “burdùni”, il contenitore da trasporto.

“U Pagghiaru”

La costruzione del “Pagghiaru” ha inizio alcuni giorni prima dell’Epifania quando un gruppo di persone, all’alba, si reca sui Monti Peloritani per raccogliere i rami e le foglie da utilizzare per la grande intelaiatura. Viene quindi montato il palo (“’u palu”) di sostegno della struttura campaniforme, in legno di castagno e alto circa metri 8,45, infisso in una buca nella sede stradale. Si monta quindi la crociera (“cruciera”) a terra, elemento fondamentale di tutta la struttura, intorno alla base del palo. Essa si compone di due semicerchi in piattina di ferro e una doppia croce con pali in legno di castagno. Si procede via via con la costruzione mediante 32 paletti (“palitti”) che formano l’involucro conico della struttura e i rami intrecciati per i cerchi (‘i rami pi cicchi”). L’involucro così ultimato si innalza con il cerchio di base ad un’altezza da terra di circa mt. 3,25 e viene interamente ricoperto da fogliame di acacia completando l’addobbo con mandarini, arance, ciambelle senza sale, cotone idrofilo e dischi colorati. Sulla sommità si sistema infine la croce (“’a cruci”) sulla quale si trovano i premi per il primo dei contendenti che riuscirà a raggiungere la cima.

L’assalto al “Pagghiaru”

Nel giorno della festa, di pomeriggio, il parroco dopo aver celebrato la messa si reca in processione, seguito dai fedeli, dalla Chiesa Madre lungo via Ernesto Cianciolo in piazza Semiramide dov’è allestito il “Pagghiaru”. Dopo aver benedetto il gigantesco albero, i concorrenti partono di corsa dal sagrato della Chiesa Madre per assaltare (“sparare”, “sparecchiare” o “tirare”) il “Pagghiaru”. Il primo che raggiunge la croce terminale è il vincitore mentre gli altri smembrano le decorazioni lanciando alla folla i doni che ricoprivano l’albero: la collettività si riappropria, così, dei suoi “frutti”, dopo che questi sono stati caricati di nuovi significati dal rito appena consumato. A conclusione della Festa, in tarda serata, ha luogo lo spettacolo di giochi pirotecnici del “cavadduzzu e l’omu sabbaggiu” dove i personaggi, un uomo all’interno di un’intelaiatura di canne a forma di cavallo ed un altro, entrambi ricoperti di ogni genere di petardi, mortaretti e cariche esplosive, danzano ala suono di una specie di tarantella lenta mimando le fasi di una lotta. La pantomima rituale simboleggia l’incontro dell’uomo con la natura, evidenziata con la lotta dei due personaggi e con la vittoria di chi esaurisce le cariche per ultimo.

(Foto di Giancarlo Ferlito)

Bordonaro