Dina e Clarenza

Le eroine messinesi del Vespro Siciliano

Dina e Clarenza in uno dei disegni su carta preparatori di Giulio Aristide Sartorio per il grande mosaico mai realizzato nella Cattedrale

Sul campanile astronomico-figurativo accanto alla Cattedrale di Messina una complessa figurazione meccanica con automi, a mezzogiorno, rievoca alcuni episodi della storia locale. Realizzato nel 1933 dai fratelli Ungerer di Strasburgo, venne inaugurato il 15 agosto 1933. Nel 3° piano, ai lati di un gallo, vi sono le statue di Dina e Clarenza alte 3,00 metri: snodabili dal busto in su, suonano le campane ogni quarto d’ora ed ogni ora, nell’arco delle ventiquattrore.

Dina e Clarenza

La Guerra del Vespro Siciliano a Messina

Dina e Clarenza, nell’immaginario collettivo, simboleggiano tutte le donne che in passato si sono distinte in eventi rivoluzionari decisivi nella storia di Messina. L’episodio a cui sono legate le loro gesta è quello relativo alle fasi finali, a Messina, della rivolta antiangioina che ebbe inizio a Palermo dopo la funzione serale dei Vespri del 30 marzo 1282, lunedì dell’Angelo, sul sagrato della chiesa del Santo Spirito. Dalla fine di aprile dello stesso anno, anche i messinesi partecipavano alla ribellione e, al grido unanime di “Morte ai francesi”, li costringevano a ritirarsi nella fortezza di Matagriffone o Rocca Guelfonia (dove oggi sorge il Sacrario di Cristo Re). Protagoniste della lotta del popolo contro gli angioini furono anche le donne messinesi, mentre Carlo D’Angiò, con un’armata di 60.000 fanti, 15.000 cavalieri, 40 galee, cingeva d’assedio la città. Esse non solo erano intente “[…] a portar in seno e nel grembo pietre, ed altre sorte di cose da gettar dalle mura e dalle torri contro i nemici, e portavano da bere ed altre cose necessarie per rinfrescare i loro mariti”, scrive Tommaso Fazello (Sciacca, 1498 – Palermo, 1570), ma si addestravano anche nell’uso delle armi e presidiavano continuamente le mura cittadine per controllare i movimenti dei nemici.

LO SAPEVI CHE?

Sul colle della “Caperrina” definito il "Campidoglio di Messina" per il movimento rivoluzionario del 1282 che vide il popolo messinese impegnato contro l’assedio degli angioini, sorge il Santuario di Montalto. Le fonti agiografiche antiche narrano che la Madonna, in quell'anno, sotto le vesti di una “Dama Bianca”, deviasse con le mani le frecce dei nemici e avesse coperto, con le sue candide vesti, le mura rendendole invisibili agli assalitori francesi del re di Sicilia Carlo D’Angiò.       

Dina e Clarenza

Nella notte dell’8 agosto 1282, Dina e Clarenza riuscirono a sventare un attacco dei francesi: “Nel silenzio della notte, accese le luminarie della Capperrina, artigiani del popolo costruiscono un riparo di fronte al nemico, il quale appena l’opera fu sistemata, tornò daccapo a salirvi con grande moltitudine di armati. Ma una donna di nome Dina con un grande masso colpisce alcuni assalitori e li stende a terra mentre un’altra di nome Clarenza martellando a stormo le campane galvanizza la gente e chiama alle armi” (Bartolomeo da Neocastro, Historia Sicula (1250-1293)). Messina era comandata da Alaimo da Lentini che, nella sua carica di Capitano del Popolo, organizzò la resistenza antifrancese in città. Carlo d’Angiò la strinse d’assedio fino a tutto settembre ma i messinesi, pur se ridotti allo stremo, respinsero i continui attacchi con una corale partecipazione. L’ultima resistenza ebbe per protagoniste proprio Dina e Clarenza: le truppe di Carlo tentarono di entrare in città dalle colline ma le due donne erano di guardia alle mura di fortificazione e avvistato il nemico, mentre Dina scagliava massi a quanti tentavano di scalare le mura, Clarenza suonava la campana della fortezza alla “Caperrina” svegliando tutta la città. I messinesi si armarono e accorsero con la milizia cittadina al comando di Alaimo Lentini, salvando così dall’ultimo assedio Messina.

Dina e Clarenza nella letteratura e nell’arte

Il contributo dato dalle eroine messinesi nella guerra del Vespro è ricordato in diversi testi storici e letterari. In particolare, lo storico Giovanni Villani (Firenze, 1280-1348), così scrisse nel descrivere i fatti di Messina: “...Stette lo re con sua oste intorno a Messina da due mesi, e dando la sua gente alcuna battaglia dalla parte ove non era murata, i Messinesi colle loro donne, le migliori della terra, e co' i loro figlioli piccioli e grandi, subitamente in tre dì faccino il detto muro e ripararono francamente gli assalti dei Franceschi ...” e nei suoi versi:

“Deh, com'egli è gran pietade
Delle donne di Messina,
Veggendole scapigliate
Portando pietre e calcina
Iddio gli dea briga e travaglia,
A chi Messina vuol guastare”

La poetessa messinese recentemente scomparsa, Maria Costa, dedicò loro una sua poesia: “Dina e Clarenza, donni curaggiusi, /sunannu ‘na notti li campani, / sabbaru la citadi di soprusi, /dù aroini di Vespri Siciliani”. Due grandi bassorilievi di Dina e Clarenza sono collocati sul prospetto laterale del Municipio in via San Camillo e Letterio Subba dipinse, nell’800, “Dina e Clarenza che combattono gli Angioini”.

Messina
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