La “Vara” di Messina
Partendo dalla piattaforma del “cippo” (basamento), sulla quale è rappresentata la “Dormitio Virginis” (morte della Vergine) la cui bara era contornata dai dodici apostoli secondo la disposizione canonica delle pitture bizantine, la cosiddetta “koìmesis toù theothòkou”, salendo sono raffigurati i “Sette Cieli” (il Paradiso) che l’Anima della Madonna attraversa durante la sua ascensione; quindi, in aderenza alla concezione tolemaica dell’Universo – la Terra al centro e il Sole, la Luna e gli altri pianeti ruotanti intorno ad essa - il Sole e la Luna girano sorreggendo, nei rispettivi raggi più lunghi, fanciulli vestiti da angioletti. Ancora più su è ubicato il globo terracqueo con le stelle fisse che sostiene altri angioletti (un tempo erano quattro, a simboleggiare le Virtù Cardinali) e, al culmine, la figura di Cristo che con la mano destra porge l’”Alma Maria” (l’Anima della Vergine) all’Empireo, dove c’è la beatitudine e la diretta visione di Dio. L’influenza della “Divina Commedia” di Dante, in tale complessa e colta raffigurazione scenica, è evidente e contribuisce ad avvalorare l’ipotesi di un intervento di Francesco Maurolico, dotto scienziato ed umanista messinese del Cinquecento, mentre a progettarla dovette essere Polidoro Caldara da Caravaggio, che aveva curato anche la realizzazione degli “archi trionfali” eretti per celebrare l’ingresso a Messina dell’imperatore Carlo V. Munita in origine di quattro ruote, dopo il 1565 queste furono sostituite da scivoli di legno per consentirne il trascinamento sul selciato.